Moretti: “Dopo gli inizi con la Fiorentina volevo smettere col calcio, poi una telefonata ha cambiato tutto”
Emiliano Moretti racconta il momento in cui ha lasciato il calcio, il lavoro in tipografia e quella chiamata che gli ha fatto ritrovare la passione. "Era il mio treno, l’ho ripreso al volo"
Emiliano Moretti, 601 presenze tra i professionisti e una carriera vissuta tra Serie A e Nazionale, oggi è un uomo nuovo. A 44 anni, l’ex difensore, tra le altre, di Fiorentina e Torino lavora nell’area tecnica granata, circondato dall’affetto della moglie Carolina, psicologa, dei figli Matias - campione d’Italia con l’Under 17 del Toro - e Aurora, nuotatrice, oltre al labrador Happy.
Una vita serena, che però ha attraversato un momento di crisi profonda.
Moretti esordisce nel mondo del calcio nella Pantheon Travel di Roma, allenato da Vincenzo D’Amico. Dopo l’esperienza con la Lodigiani, arriva il debutto in Serie C a soli 17 anni.
Nel 2000 il salto alla Fiorentina, come ha raccontato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: "È accaduto all’improvviso, in extremis a gennaio. Mi stavo allenando alla Borghesiana, mi chiamano: 'Dacci una risposta'.
Con lo scooter mi precipito a parlare con i miei, era il mio primo spostamento. Okay immediato ai viola, logico. Sono subito andato al ritiro di Viareggio, con la Primavera".
Ma qualcosa si rompe subito: "Ecco, ora parlo di un argomento che ho sempre trattato con molto rispetto.
Certi momenti sono pietre su cui si basa la crescita di una persona, diventano parte di te stesso. Non mi va però di condividere tutto, non sono uno che si lascia andare, anche se mi ritengo sensibile e sentimentale. A Firenze, dopo il torneo di Viareggio, ho una distorsione alla caviglia.
L’infortunio comunque non ha inciso rispetto al problema principale. Mi curavo e non mi allenavo: è iniziato un periodo di grande difficoltà, faticavo ad abituarmi a una vita diversa, senza le mie certezze. In 2-3 mesi il disagio è aumentato sempre di più.
Non ne parlavo con nessuno, non chiedevo aiuto: pensavo di poter combattere da solo. Al convitto con me c’erano ragazzi che vivevano la più entusiasmante delle condizioni: un club storico, calcio ad alti livelli... ".
Il malessere lo porta a mollare tutto.
Torna a Roma e comunica ai genitori la decisione: "Voglio smettere col calcio". Inizia a lavorare in tipografia, il mestiere di famiglia. La Fiorentina lo rispetta, non lo forza. Il calcio sembra finito. Poi, un giorno, il colpo di scena: "Stavo lavorando, mio padre mi chiama in ufficio.
Dice che aveva ricevuto una telefonata da una persona legata a Franco Baresi, che chiedeva di me. Mi si è gelato il sangue. In quel momento ho capito che non potevo buttare tutto. Appena uscito da quella stanza, sono tornato a giocare a pallone: in un attimo ho rivisto tutto.
Ero alla macchina e mi dicevo 'Che ci faccio io qui?'. Di colpo ho fatto tabula rasa di una crisi. Il mio treno era già passato, ne ho ripreso uno al volo: ho avuto fortuna, è stata la Svolta con la S maiuscola".
È il punto di svolta.
Moretti contatta la Fiorentina e riparte da zero: "Sono andato a Firenze senza ripensarci. Non solo: sei mesi dopo ero in ritiro con la prima squadra. Ho persino avuto una frattura scomposta del perone, gestita però mentalmente in modo del tutto diverso.
Sembrava fossero trascorsi 14 anni. Abbiamo vinto la Coppa Italia. Le situazioni capitano, poi ciascuno ne fa l’uso più opportuno. Se sono stato un buon calciatore, lo devo pure all’evoluzione come persona".
La sua carriera decolla: da Terim e Mancini a Firenze, a Lippi alla Juventus, passando per Mazzone, Ranieri (con cui gioca a Valencia), Gasperini, Ventura, Mihajlovic e Conte, che lo convoca in Nazionale a 33 anni: "Tutti mi hanno insegnato qualcosa, li ringrazio.
In Spagna ho imparato la lingua, lì è nato mio figlio. Ogni esperienza ha contribuito alla mia crescita".
Nel 2019, a 38 anni, rifiuta il rinnovo col Torino e decide di smettere: "Sentivo che non riuscivo più a rendere al livello che volevo.
L’affetto della gente di Torino resterà tatuato dentro di me. Grazie al presidente Cairo, sono rimasto nel club in un ruolo nuovo".
E quella telefonata? "Non so se fosse vera o no, ma ha cambiato tutto. Se qualcuno leggerà questa storia, magari potrà trarne forza.
A volte serve solo un segnale, per ripartire".
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