Decreto Crescita, Lega Serie A contesta il Governo sui vantaggi fiscali solo ai più ricchi
Il presidente di Lega Casini presenta un dossier contro la decisione del governo di restringere a chi guadagna da un milione lordo in su i vantaggi fiscali derivati dal Decreto Crescita
La soluzione che restringe a chi guadagna da un milione lordo in su i vantaggi fiscali derivati dal decreto crescita è entrata nel maxi emendamento su cui il governo Draghi metterà oggi la fiducia al Senato. Nessuna possibilità di cambiarla, scrive Gazzetta.it, almeno per ora.
Ma il partito dei contrari al testo rimodulato dal senatore Pd Tommaso Nannicini è sempre forte. Il presidente della Lega di Serie A ha avuto parole pesantissime sulla combinazione fra nuova soglia (sembrava fosse stato trovato un compromesso a quota 500 mila euro) e non applicazione dello sgravio del 50 per cento per chi ha meno di vent’anni.
Lorenzo Casini ha presentato un vero e proprio dossier per contestare la nuova norma. "La Lega di Serie A è stata coinvolta dai parlamentari e dal governo con riguardo alle modifiche al decreto crescita in materia di sport. Abbiamo lavorato con serietà e fornito tutti i i dati su contratti, compensi e uso del bonus fiscale.
A fronte di questi dati, la soglia di 1 milione era apparsa a tutti irragionevolmente alta, perché a vantaggio solo delle squadre con maggiori risorse". La Lega contesta soprattutto l’equazione bonus fiscale uguale meno minutaggio per gli italiani.
"Negli ultimi 3 anni, circa la metà dei trasferimenti dall’estero hanno potuto usufruire del bonus. Nella stagione 2021-2022, alcune delle squadre che lo hanno usato maggiormente sono anche tra quelle con il più alto minutaggio di giocatori italiani a conferma che l’impatto del bonus fiscale sull’uso di calciatori italiani, ammesso che vi sia, è minimo".
E ancora: "Sui 548 tesserati (senza i Primavera), media compensi 750 mila lordi, 8 squadre con una media compensi sotto i 500 mila euro lordi l’anno. Altre sei squadre sono tra 500 e 700 mila, quindi ben 14 squadre hanno una media inferiore a 750 mila”.
Cifre per dimostrare che la soglia bocciata, quella dei 500 mila euro, sarebbe stata la più congrua. “Perché questi numeri sono stati ignorati?”. Per Casini l’argomento con cui la soglia del milione “limita l’applicazione del bonus solo ai fuoriclasse è molto debole: l’unico effetto certo è che si favoriscono solo alcune squadre, a danno della competitività dell’intero campionato".
Partita aperta? Sull’altro fronte l’Aic ritiene che la soluzione trovata sia stata equa e che il vero problema sia un altro: "Si sarebbe potuto trovare una mediazione all’interno del nostro sistema – spiega il presidente UmbertoCalcagno - ci siamo parlati invece per comunicati presentandosi divisi davanti alla politica.
Se c’è un problema di diversità di trattamento fra club grandi e piccoli, perché non si considera anche quella fra chi viene dall’estero e chi è in Italia?". Ma la soluzione trovata domenica notte, conclude Gazzetta.it, fa riflettere anche una parte del mondo politico.
Andrea Rossi, uno dei deputati del Pd più impegnati sullo sport, invita a ragionare intorno ad alcuni dati: "I vantaggi del decreto crescita sono stati di fatto l’unico aiuto dello Stato al calcio professionistico in un momento drammatico come quello della pandemia.
E questa soglia può penalizzare quelle società che hanno evitato i costi folli per costruire delle realtà di calcio importanti". Tutto questo potrebbe riaprire la partita con un altro intervento legislativo? Rossi ammette di pensarci, partendo dalla "consapevolezza della necessità di cambiare le norme fino a oggi vigenti e che la modifica del Decreto Crescita non rappresenta la risoluzione dei problemi del calcio.
La priorità resta quella di proteggere i vivai e per questo è stato individuato il limite dei 20 anni. Si potrebbe ragionare in futuro intorno a una soglia inferiore, magari riservando gli sgravi fiscali solo all’extra soglia".
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