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La Nazione: orgoglio e identità, Fiorentina c’è un futuro anche senza Vlahovic

Stefano Cecchi scrive su La Nazione a proposito della squadra viola che deve ritrovarsi dopo la partenza dell'attaccante serbo

Non c’era, ci fosse stato sarebbe andata ugualmente e dunque smettiamola di misurarci coi fantasmi. Sì, Dusan Vlahovic l’altra sera con la Lazio non c’era, uno spettro lontano, ma pensarlo come la causa generatrice della debacle viola è un errore.

Davvero fosse stato in campo avrebbe corretto la marcatura sciagurata di Nastasic su Immobile? Davvero avrebbe consegnato spunti a un Callejon scolastico e prevedibile? Davvero avrebbe pompato ossigeno in un Torreira che ha sbagliato la sua prima partita da quando è a Firenze?

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Scrive Cecchi su La Nazione. La Fiorentina ha perso perché ha sbagliato partita non perché aveva un centravanti sbagliato .E’ vero, nelle sconfitte il dubbio amletico-morettiano se si venga notati di più per la presenza o per l’assenza ha una risposta certa: quando si perde da sempre si rimpiange chi non c’è.

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Ma Vlahovic, con i suoi gol ciclonici, non ci sarà più, sarà altrove per sempre e prenderlo a pietra di paragone di ogni passo del cammino viola è solo una deriva tafazziana da evitare con lucidità per non farsi del male gratuitamente.

Perché la Fiorentina senza di lui è di certo altro.

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Una squadra che dovrà ridisegnarsi cercando nuove soluzioni per arrivare al gol

Meno forte tecnicamente ma con l’opportunità di colmare quel gap attraverso una delle componenti più belle del calcio: l’orgoglio del gruppo e il senso dell’identità. Firenze ha fatto a meno di campioni consolidati e ogni volta che qualcuno è partito, da Baggio a Julinho, da Rui Costa a Toni, è stato un colpo al cuore.

Ma l’anno dopo che se andò Batistuta la Fiorentina vinse una coppa Italia e quando tutto sembrò perduto perché Albertosi lasciava, vinse uno scudetto. C’è un futuro anche oltre Vlahovic se si saprà puntare sul senso del gruppo, sullo scout calcistico, sulla voglia di rivincita di una società che non è abituata a perdere.

La cosa peggiore sarebbe arrendersi al dolore del momento, franare nel disfattismo toscano. Allora si che vedremmo i fantasmi. Per esorcizzarli da sempre si è usato il rito magico della passione. Succederà anche stavolta, io ci credo.


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