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La Juve aspetta, la Viola spreca con Ikoné e gli altri. Allegri la vince con i cambi

Meglio la Fiorentina, che però ha la pecca di non concretizzare. Il francese poteva fare meglio, ma colpisce il palo. Venuti vince il premio sfortuna di giornata

Analisi di Fiorentina-Juventus su La Gazzetta dello Sport. Troppa tensione ambientale e troppe assenze, la Juve del primo tempo si è rintanata nella propria metà campo, con l’intenzione di aspettare e ripartire, però ha atteso molto e ha contrattaccato poco.

I bianconeri non si sono mai fatti vivi con intenzioni serie dalle parti di Terracciano. Giusto verso la fine della frazione Vlahovic ha tentato un tiro improbabile da lontano, smorzato da Milenkovic e finito con placidità tra i guantoni del portiere.

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Opposte tendenze: Juve guardinga, più propositiva la Fiorentina con le costruzioni dal basso e con lo sfruttamento delle fasce. Consapevole della vulnerabilità bianconera sulle corsie, Italiano ha chiesto ai suoi di testare e sollecitare le resistenze dei due esterni juventini.

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Lo ha fatto molto Ikoné con Luca Pellegrini sulla destra e un po’ meno Saponara con l’acerbo Akè sull’altro versante. Il risultato è stato buono, ma non sufficiente a scardinare la difesa bianconera formata dall’insolito trio Danilo-De Ligt-De Sciglio.

OCCASIONI. La Fiorentina ci ha provato per lo più dalla distanza con tiri annunciati e soltanto un paio di volte è andata sul serio vicino al gol. La prima per gentile concessione di Perin, ma il passaggio sbagliato del portiere non è stato capitalizzato da Bonaventura.

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Poi l’azione più bella, per paradosso un contropiede: verticalizzazione di Bonaventura per Ikoné filante nello spazio ed invano inseguito. Diagonale impreciso, però. Meglio la Fiorentina perché più volonterosa, ma si avvertiva una sensazione di mediocrità diffusa, di gioco e di ragionamenti.

Una semifinale di Coppa Italia avrebbe dovuto esprimere qualcosa di meglio. E si ritorna al punto di partenza, sembrava che più della finale di Coppa l’obiettivo fossero la ragione e il relativo torto sull’affare Vlahovic, dimostrare chi ci abbia guadagnato e che no.

RIPRESA. All’intervallo Allegri ha tolto il tenero Aké per inserire l’esperto Cuadrado, con annesso mutamento di sistema al 4-4-2. All’inizio della ripresa la mossa però non ha funzionato granché, la partita si è colorata di un viola ancora più intenso.

Dieci minuti importanti della Fiorentina, culminati nel palo colpito da Ikoné, ancora lui, dopo la solita fuga in avanti su invito di Torreira. Tutto bene tranne il tiro: c’era lo spazio e c’era la visuale, si poteva fare meglio.

Viola aggressiva, mordente, ma il palo di Ikoné ha funzionato da sveglia per i traccheggianti bianconeri. Intorno all’ora di gioco la Juve ha “surfato” sull’onda che voleva. Un’azione emblematica del calcio-semplicità di Allegri: lancio di De Sciglio per Vlahovic, bravissimo a liberarsi del controllo di Igor, ma emozionato al dunque, con un pallonetto “morbidoso” smanacciato da Terracciano.

Sopravvissuta al rischio del gol più temuto, la Fiorentina ha abbassato il volume,meno frenesia e più attenzione. SOSTITUZIONI. Ad Allegri va riconosciuta la somma capacità di lettura delle partite. Gli mancava una montagna di titolari o quasi titolari e ha operato soltanto due cambi, però millimetrici: Cuadrado per Aké e Morata per Kean, intorno al 60’, quando c’era da rendere più consistente l’attacco per abbassare un po’ la Fiorentina.

Italiano di sostituzioni ne ha effettuate cinque, tutte ruolo su ruolo, nessuna ha cambiato il corso delle cose. Anzi, una sì, ma in senso opposto: il “povero” Venuti, subentrato ad Odriozola, ha vinto il premio della sfortuna di giornata.


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