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Italiano: "Lavorare a Firenze è speciale. Europa un sogno da coltivare, non ossessione"

Intervista al tecnico viola, tra la posizione della sua Fiorentina in classifica, il ruolo del portiere e la competizione interna in tutti i reparti: "Ma Vlahovic..."

Intervista sull'edizione nazionale di Repubblica per Vincenzo Italiano. Queste alcune sue parole: "Siamo in una posizione tranquilla. Non vedere più il mondo dal basso aiuta, ci allontana da qualcosa che non ci appartiene. Lavorare a Firenze è speciale, il calcio è vita e calore e il fatto che i nostri tifosi sognino mi dà stimoli.

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Siamo partiti per riavvicinarli e farli divertire, il pensiero ora è l’Europa, non come ossessione, ma come un sogno da coltivare".

Devi vedere quello che c’è fuori e dentro il campo. Contano le statistiche, i numeri, gli avversari, tutti quei dati che oggi si possono avere, ma quando sono in panchina io mi fido dei miei occhi. Mi piace che una squadra sia riconoscibile.

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Per carattere e identità. Poi discutiamo anche delle percentuali del possesso palla".

29 FORMAZIONI DIVERSE. "Credo nel merito e nell’impegno, non nelle caste dei titolari. Bisogna che tutti i giocatori siano partecipi dei valori e degli investimenti della società.

Io faccio capire ai miei giocatori, anche a quelli che sono riserve, che non li abbandono, che sono sempre nella mia testa, che tutti servono. Credo nei ricambi, in chi ha voglia e ha fame, in chi in allenamento dà prova di essere in forma.

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Non ho preclusioni, tutti devono essere stimolati, sentirsi arrivati non aiuta. Faccio eccezione sul portiere, dove una gerarchia c’è, anche se modificabile, in Coppa Italia ho sempre alternato Dragowski a Terracciano, appunto per farlo giocare".

Non alternava Vlahovic. "Come si fa con uno come lui che la butta sempre dentro?".

Si è visto nel Milan come un lancio di Maignan ha favorito il gol di Leao. È finito il tempo in cui il portiere veniva avanti nell’ultimo minuto, in aiuto alla squadra che doveva recuperare, come soluzione disperata. Passare la palla indietro non è un’onta, né una rinuncia, è un modo per far ripartire il gioco con razionalità e con un’idea.

Meglio che calciare in tribuna".


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