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Casini: "La Serie A deve diventare media company. Sul salary cap..."

Il piano del neo presidente: "Diritti tv, stadi, il betting e... I ricavi saliranno. Dobbiamo seguire l'esempio della Liga"

Trascorsi 100 giorni dalla sua elezione, il presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport, per parlare di alcuni dei temi più caldi tra quelli legati al mondo del pallone in Italia.
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A cominciare proprio dall’ultimo terreno di scontro, quello dell’indice di liquidità, una battaglia aperta con la FIGC. "La FIGC voleva introdurre criteri più rigorosi per assicurare la sostenibilità finanziaria. E su questo siamo d’accordo.

Quel che non ha funzionato sono tempistica e modi con cui sono state introdotte misure con effetti retroattivi. La A non ha avuto l’ascolto che meritava, la Lega lo ha rappresentato più volte e alla fine siamo stati costretti a difenderci con un ricorso che è stato parzialmente accolto dal massimo organo di giustizia sportiva, il Collegio di garanzia del CONI a Sezioni unite", ha esordito sul tema.

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MEDIA COMPANY. "Per affrontare le sfide del futuro, è necessario creare una media company e migliorare la struttura.

La Lega ha poche decine di dipendenti, la Liga spagnola dieci volte tanto. La Lega, con poco sforzo, potrebbe diventare un vero sostegno per i club nel rapporto con le istituzioni e un supporto tecnico su temi come le infrastrutture e la commercializzazione

".

MIGLIORAMENTO DEL PRODOTTO CALCIO. "Le risorse possono aumentare sia incrementando i ricavi, sia riducendo i costi. Nel primo caso, la commercializzazione dei diritti audiovisivi all’estero va liberata da limiti legislativi che riducono le opportunità.

Per esempio, vi è un termine massimo di 3 anni, mentre in altri Paesi si arriva anche a 8-9. È un tema che il Parlamento e il Governo, con la sottosegretaria Vezzali, che ringrazio, hanno ben compreso. Poi gli investimenti sulle nuove tecnologie, come fan token e NFT quale ulteriore fonte di reddito, anche se più volatile e incerto, come ha osservato anche Bill Gates.

Ci sono gli introiti dal betting, da cui il calcio non ricava nulla pur essendone l’oggetto. E infine c’è il tema di lungo periodo dei ricavi da investimenti su infrastrutture e stadi". COSTI. "Si può partire dalle commissioni a mediatori e procuratori, un caso non solo italiano e su cui la FIFA interverrà in autunno con un nuovo regolamento.

Poi serve rivedere la normativa fiscale: un tema è la mancata deducibilità dell’Irap, perché i contratti dei calciatori sono per forza a tempo determinato". SALARY CAP. "Non può essere risolto da un singolo Paese. Va trattato a livello almeno europeo perché pone seri problemi di competitività.

Diverso è un tetto di spesa complessiva di un club, in percentuale come ha già introdotto la Uefa, ma non sul singolo giocatore". FONDI NEL CALCIO. "Prima vanno definiti progetto e modello di business che la Lega vuol perseguire, poi ci può rivolgere ai Fondi, se lo si ritiene utile.

Nessuna preclusione, ma un Fondo non è di per sé una soluzione, è uno strumento". POLEMICHE SUL DECRETO CRESCITA. "Mi pare un tipico fenomeno di 'distrazione' dai problemi reali. I dati mostrano che ha avuto un impatto minimo sui giocatori italiani.

A un certo punto sembrava diventato il male assoluto. La soluzione trovata poche settimane fa andrebbe corretta perché è distorsiva del mercato". COVID E RISTORI. "La situazione è stata così drammatica che non è strano che il calcio non abbia avuto ristori.

I settori che li hanno avuti di più avevano ampie categorie dei lavoratori a rischio sussistenza. Quello che va chiesto con forza è l’aiuto per trovare soluzioni che agevolino la Serie A a produrre ricavi".


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