×

Corvino ricorda: "Mihajlovic il mio tecnico ideale, l'Inter lo voleva ma non lasciò Firenze. Vlahovic..."

Le parole dell'ex dirigente della Fiorentina: "Con Vlahovic agii d'istinto, lo vidi quando andai a vedere Milenkovic"

Pantaleo Corvino, intervistato dal Corriere dello Sport, è tornato a parlare di Vlahovic e di Fiorentina: «Ero andato a vedere il Partizan per Milenkovic, ma quando fecero entrare ‘sto ragazzino me ne innamorai, aveva fisicità, destrezza, una qualità insolita per un attaccante con quelle misure.

sponsored

E senso del gol. Chi sa segnare segna sempre. Agii d’anticipo, lo volevano in tanti. I genitori mantennero la parola e con lui riempii l’ultimo posto a disposizione per l’extracomunitario, naturalmente dopo averlo lasciato sei mesi in prestito per farlo diventare maggiorenne».

sponsored

IN PRIMAVERA. A Firenze fosti criticato. «Si immaginavano che prendessi un giocatore già formato e invece puntai subito su Dusan. Lo portai nello spogliatoio della Primavera prima della finale col Toro. Gli dissi “ti faccio debuttare con i ragazzi, tu entra e segna”».

E lui obbedì. «“Tranquillo, direttore, vado e segno”. Vincemmo due a zero, fece doppietta. O forse ne segnò uno solo, comunque alzammo la coppa. Sai cosa ripeto sempre? C’è chi vede e chi intravede. La differenza è tutta qui.

sponsored

E per trovare del buono bisogna viaggiare tanto». ALLENATORE. Qual è stato l’allenatore più corviniano col quale hai lavorato? «Sinisa Mihajlovic. Arrivò dopo Prandelli e quindi condannato a un confronto complicato. La seconda parte del campionato la fece benissimo, al punto che lo cercò con insistenza l’Inter.

Fu fantastico, disse “vado via solo se ho il consenso di Della Valle”. Non lo lasciarono andare e rimase senza fare storie. In seguito le cose non girarono più tanto bene... Sinisa era potenzialmente il mio ideale. Possedeva cultura del lavoro, onestà, personalità».

LA LETTERA DOPO IL PRIMO ADDIO ALLA FIORENTINA NEL 2012. «Non mi ha mai licenziato nessuno. Me ne andai a febbraio dopo la vittoria sull’Udinese per stare vicino a mia madre che era in coma e dopo pochi mesi sarebbe morta. Non la abbandonai un solo istante, è stato il momento più terribile della mia vita.

Con lei fino all’ultimo respiro. A Firenze lasciai due anni e mezzo di contratto, la stessa cosa feci a Bologna quando mi dimisi».


Lascia un commento