Barella e Lautaro compatti con Marotta: "Rinviare la partita, il minimo"
Anche dai giocatori nerazzurri subito l'indicazione di non riprendere a giocare la partita dopo il malore a Bove
Come un incubo. Perché incubo è stata la parola più usata dai giocatori interisti, da Inzaghi e dal suo staff anche a freddo, durante il viaggio di ritorno in treno verso Milano. La mente che ripercorreva quegli attimi tremendi, la paura, il senso di impotenza, la voglia di aiutare ma il non riuscire concretamente a rendersi utili.
L’Inter ha lasciato Firenze con l’animo pesante. E sì, almeno rinfrancato dopo le prime buone notizie sulle condizioni di Edoardo Bove. Ma difficile, anzi, impossibile staccare la testa e il pensiero da quanto accaduto al minuto 17 di questa maledetta domenica, scrive La Gazzetta dello Sport.
GLI INTERISTI. Sono stati proprio i giocatori dell’Inter i primi a rendersi conto della situazione. Il gioco era fermo, quando Bove si è accasciato dopo essersi in un primo momento rialzato lo ha fatto quasi cadendo addosso a Calhanoglu.
E sotto gli occhi di Dumfries, che si è subito sbracciato per richiamare l’attenzione generale, soprattutto verso la panchina della Fiorentina e dello staff medico viola. Proprio l’olandese, insieme con Barella, è stato tra i primi a soccorrere Bove.
E in campo è entrato immediatamente anche lo staff medico nerazzurro, per intervenire. Attimi concitati, confusione totale. Inzaghi ha subito capito la gravità della situazione. E’ scattato dalla panchina verso Bove, nella foga è anche scivolato, si è rialzato.
Qualcuno urlava per “convincere” i sanitari a trasportare più velocemente la barella verso Bove. Dall’altra parte, intanto, Bastoni consolava l’amico Colpani, scosso come tutti, Thuram si è portato le mani in testa quasi a coprirsi gli occhi per non vedere.
E poi spontanea, tra i giocatori, è nata l’idea di comporre un cerchio intorno al giocatore a terra. E’ stata l’immagine più simbolica della serata, come a voler stringere in un abbraccio il centrocampista della Fiorentina, ma allo stesso tempo anche a volerlo proteggere da telecamere e occhi indiscreti.
NON GIOCARE. Barella e Lautaro, appena hanno incrociato il presidente Beppe Marotta, hanno subito fatto presente che in nessun caso al mondo avrebbero mai ricominciato a giocare, anche a fronte di notizie positive provenienti dall’ospedale.
Notizie che poi effettivamente sono arrivate, ad alleggerire un po’ la serata. Come pure è arrivata la spiegazione tecnica del perché l’ambulanza non sia entrata sul terreno di gioco: Dimarco era tra i più inviperiti in campo, insieme con il viola Ranieri, poi una volta chiarito che il protocollo prevede proprio questa procedura, gli animi si sono calmati. «Ci tengo a mandare un messaggio: come presidente dell’Inter in questo momento esprimo totale vicinanza alla Fiorentina e alla famiglia del ragazzo – ha detto Marotta -.
Il calcio è una comunità e quando si vivono queste emozioni così, particolarmente negative, bisogna stringersi. Da qui è nata la decisione da parte di giocatori, staff, dirigenti e arbitro di interrompere la gara. Un gesto spontaneo, è il minimo che si potesse fare.
Ho parlato con Pradè, la speranza è che Bove possa uscire velocemente da questa situazione drammatica. Gli auspico una pronta guarigione»
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