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Agroppi: "Avevo la polizia sotto casa perché non facevo giocare Antognoni"

L'ex allenatore viola ha ricordato proprio i suoi trascorsi sulla panchina della Fiorentina a trent'anni dall'ultima avventura

Aldo Agroppi ha parlato a la Repubblica. L'ex allenatore della Fiorentina ha ricordato proprio le sue esperienze sulla panchina viola in tempi piuttosto burrascosi. I suoi anni alla Fiorentina non sono stati facili. «In effetti ho sempre avuto problemi.

La prima volta ero alla mia prima panchina di A, i tifosi erano arrabbiati con me perché non facevo giocare Antognoni. Avevo la polizia sotto casa, mia moglie non poteva andare a fare la spesa e i miei figli a scuola. E ogni giorno all’allenamento c’erano due ali di folla che mi volevano picchiare.

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Per fortuna c’era Passarella che mi difendeva. Eppure, nonostante tutto, quell’anno arrivammo quarti. Oggi saremmo in Champions». Ha fatto la pace con Antognoni? «Ma sì, ci sentiamo ogni anno per gli auguri, i rapporti sono cordiali.

Quando arrivi a fine corsa come me non hai più voglia di lottare. Io sono uno di scoglio, nella mia vita ho sempre fatto la guerra a chi stava in piedi, ai servi e ai leccaculo. Con Giancarlo è tutto passato. E anche con Lippi, ormai è acqua passata».

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La seconda volta alla Fiorentina è andata pure peggio, a fine campionato la squadra retrocesse in B. «Sì, ma non con me. Infatti il giorno dopo la retrocessione Mario Cecchi Gori mi scrisse una lettera che ancora conservo. È incorniciata in casa mia, e quando la leggo ancora mi commuovo.

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Era un grande uomo». Il rapporto con Vittorio Cecchi Gori, invece, non fu altrettanto sereno. «La prima volta che arrivai alla Fiorentina c’erano Nassi, Piaceri, il presidente Pontello e il professor Baccani che mi proteggevano.

La seconda ero solo. Con Vittorio non c’era feeling, Casasco, il direttore sportivo, aveva poco potere e i giocatori... Se sei bravo tecnicamente ma il cervello non funziona riesci a tirare fuori solo stupidità e arroganza. Io ero cotto, ma loro mi hanno bruciato.

Non ero più io, è stato giusto fermarmi lì». Eppure era una buona squadra. «Ha ragione, era buonissima. Con quella squadra non si può mai retrocedere, ma nello spogliatoio me ne fecero di tutti i colori. Glielo dica, se accettano facciamo un confronto efaccio tutti i nomi.

Io non ero più un allenatore, ma loro erano scemi». E fu esonerato. «Era inevitabile, non avevo più in mano la situazione. Lì ho capito che era arrivato il momento di farmi da parte. Mi sarei comunque ritirato a fine stagione, ma arrivò l’esonero e la mia storia di allenatore si è chiusa lì».


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