Cecchi Gori: "I presidenti tifosi come me non ci sono più. Mi manca lo Scudetto del '99"
Sulle pagine de La Gazzetta dello Sport troviamo un'intervista all'ex presidente della Fiorentina
Queste le parole di Vittorio Cecchi Gori su Fiorentina-Juventus: «Questa gara per me sarà sempre particolare perché mio padre e mia madre si sono conosciuti proprio durante un Fiorentina-Juventus. Erano due tifosi accaniti! Sono figlio di due genitori viola dalla testa ai piedi.
E siamo rimasti tali anche quando nel ’52 ci siamo trasferiti a Roma». Tanto che nel 1990 i Cecchi Gori hanno preso le redini del club. «Quando la Fiorentina si è trovata senza presidente, il grande successo che avevamo nel cinema ha spinto la città a chiedere un nostro intervento.
Alla fine mio padre ha accettato. Devo dire la verità, era felice da morire. E anche io... Purtroppo morì tre anni dopo e quella che doveva essere per lui una grande soddisfazione in realtà gli portò soprattutto amarezze». In effetti quei primi anni non furono facili.
Siete arrivati che era stato appena venduto Baggio... «Facemmo di tutto per bloccare la trattativa, ma non c’era più niente da fare. Ormai era un giocatore della Juve». Lei però qualche soddisfazione se l’è tolta, due Coppe Italia e una Supercoppa.
«Ma mi manca lo scudetto del ’99, quello mi è proprio rimasto qui. Eravamo comodamente avanti, poi Edmundo è tornato in Brasile, Batistuta si è fatto male, ci sono stati un paio di arbitraggi discutibili e lo abbiamo perso. A proposito, l’acquisto di Batistuta a pochi soldi resta una mia prodezza personale, sono stato bravo.
E lo sono stato anche a non vederlo, quando la pressione era tanta. Da lì si è ricostruita una grande squadra. Credo di aver fatto un bel lavoro, anche se forse sono stato un po’ troppo tifoso come presidente. Adesso i presidenti tifosi non vanno più di moda.
Il cuore non va più di moda. Credo sia proprio questo a mancare nel calcio di adesso». Sulla sua uscita di scena ha qualcosa da dire? «Lì hanno inciso i diritti televisivi, io ero un colosso di cinema e tv e fui coinvolto mio malgrado in una storia che di certo mi ha nuociuto.
La cosa strana è che nessuno abbia mai voluto scoprire davvero che cosa mi abbiano fatto, ma lasciamo stare. Diciamo che ormai c’è la prescrizione». Torniamo alla sfida di oggi? «Io ho sempre detto che vale tre punti come tutte le altre partite.
Non c’è motivo per questo campanilismo esagerato. Quello che conta alla fine è che la Fiorentina vinca qualcosa, non che vinca contro la Juve. Ricordo che una volta invitai al Franchi Boniperti, entrammo a braccetto. È chiaro che poi in quei 90 minuti non ci si parlava e si lottava alla morte, ma sempre con lo spirito giusto.
Non mi piace quando le cose vanno oltre. Per fortuna durante la mia presidenza non c’è stato mai un problema di ordine pubblico, anche se gli arbitri certe volte...». Suo padre come viveva le sfide con la Juve? «La pensava più o meno come me.
Anche se l’unica volta che l’ho visto fare a botte allo stadio è stata proprio durante un Fiorentina-Juve. Non era ancora presidente, era semplicemente un tifoso, e se la prese con uno juventino che lo fece arrabbiare parecchio».
Della Fiorentina di oggi che cosa pensa? «Negli ultimi due anni è un pochino migliorata, prima era tutto un disastro. Però c’è qualcosa alla radice che non va. Io lo so, ma lo tengo per me». Poco meno di due anni fa alla Gazzetta aveva dichiarato che non avrebbe mai venduto Vlahovic e Chiesa.
Ne è ancora convinto? «Sapete che cosa succede? Firenze i suoi giocatori se li cova. Per questo penso che soprattutto Chiesa dovesse senza dubbio restare in viola. Sarebbe migliorato anno dopo anno con la giusta serenità. Detto questo non è che la Fiorentina dopo abbia trovato attaccanti più forti di quei due lì.
Di fatto siamo senza centravanti». Vedrà la partita questa sera? «Sì, ma non sono più così innamorato del calcio. I veri problemi, dalla Covisoc ai diritti tv, non sono mai stati risolti, mentre gli interessi economici sono aumentati.
Alla fine contano solo gli zeri».
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