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Casamonti: "Viola Park? Abbiamo rivoluzionato il modello. Rallentamenti? Per inadeguatezza delle norme"

L'architetto capo progettista del Viola Park: "Quello della Fiorentina è un centro sportivo inclusivo anche per i tifosi"

Marco Casamonti, architetto fondatore dello studio Archea, il laboratorio creativo che ha ispirato la nascita degli stadi di Udine e Tirana, e più recentemente del Viola Park, ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport.

Questo un estratto delle sue dichiarazioni: «Nuovi stadi in Italia? Siamo in una situazione disastrosa. I nostri impianti non sono confortevoli, risultano scadenti e non accoglienti. Poi ci sono tre o quattro casi di qualità, penso agli ultimi.

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L’Europeo del 2032 è un’opportunità per il nostro Paese. C’è un orizzonte temporale per costruire almeno 6-7 stadi, rendendoli adeguati a certe esigenze». Se l’Italia avesse corso da sola ci sarebbero state almeno dieci città coinvolte in Euro 2032.

Ora gli stadi saranno cinque, massimo sei. L’Olimpico c’è, San Siro e lo Stadium pure. Non rischiamo di fare la classica rivoluzione all’italiana dove promettiamo il cambiamento solo a parole? «Spero non sia così, perché gli stadi vanno rifatti a prescindere.

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Per migliorare e fare un salto di qualità le città talvolta hanno bisogno di una motivazione. Basta pensare come è cambiata Milano con Expo 2015». Gli imprenditori mettono ingegno e soldi, poi trovano degli ostacoli nelle amministrazioni.

Come nasce l’impasse? «C’è un vulnus iniziale: gli stadi sono di proprietà pubblica. Però li usano i soggetti privati. Una società non può investire in un bene che non è suo, d’altra parte il comune non investe su una struttura gestita da un privato.

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Il pubblico deve convenzionare l’uso a determinate questioni, penso alle esigenze della protezione civile, ma la proprietà dev’essere di chi lo usa. Non si capisce cosa ci facciano i comuni con la proprietà degli stadi». Il Viola Park è la sua ultima creatura.

Per Ceferin, presidente Uefa, è il più bel centro sportivo del mondo. «Abbiamo rivoluzionato il modello. I centri sportivi sono luoghi esclusivi dei giocatori per farli allenare, quello della Fiorentina è invece un centro inclusivo anche per i tifosi.

Ci sono camere d’albergo, un centro benessere, la biblioteca, le aule per studiare e tanti altri servizi. La Fiorentina ha capito che il tifoso non è solo un cliente da spremere e lo coinvolge». Qualche rallentamento burocratico c’è stato anche lì, giusto?

«Si è costruito tutto in 30 mesi. Più che un rallentamento, c’è stata un’inadeguatezza delle norme. Le norme regolano la costruzione di stadi e non esiste il modello dello stadio dentro al centro sportivo, che richiederebbe altre specifiche perché altri sono gli standard di sicurezza.

Alla fine è stato capito che applicare norme pensate per gestire episodi di violenza non aveva senso».


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