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Ancora Nzola: "Finale di Conference? Stavolta andiamo lì per vincerla. Non abbiamo paura di nessuno"

L'attaccante ex Spezia racconta la voglia del gruppo di provare a vincere la Conference League

Seconda parte dell'intervista a M'Bala Nzola pubblicata stamani dal Corriere dello Sport. (Leggi qui la prima parte)

Sul suo Instagram da tempo ha scelto di celebrare ogni gol con l’espressione “en paf paf”. Ci spiega cosa significa?

«Anche quella è una frase che mi riporta all’estate della svolta a Mykonos. Vuol dire: “Ci sono, eccomi. Sono pronto”. In campo non hai tempo per festeggiare troppo dopo un gol. Se vuoi dare il meglio, devi già pensare a quello successivo.

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Per questo, dopo ogni rete, penso a queste parole: mi aiutano a concentrarmi sul prossimo obiettivo».

Che, in base al calendario, per lei è già Genova. «Se il mister mi chiamerà in causa, io mi farò trovare pronto. Ho già preparato il mio primo “en paf paf” viola».

 

Non sono molti gli angolani arrivati come lei ad alto livello nel calcio. Si sente di spendere il nome di un suo connazionale che può essere una sorpresa? «Faccio volentieri il nome di Luvumbo del Cagliari. È un ragazzo del 2002 con grandi qualità, l’ho seguito molto e sono certo che nel suo primo anno in A farà bene».
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Magari vi ritroverete insieme a giocare la Coppa d’Africa a gennaio: è un suo obiettivo? «Per tutti gli africani è un torneo importantissimo. Intanto dobbiamo fare di tutto nella gara contro il Madagascar di settembre per qualificarci alla fase a gironi.

Poi vedremo cosa ci riserverà il destino, anche se questo comporterà saltare magari qualche partita con la Fiorentina».   Intanto si sta godendo il Viola Park: le piace questa struttura? «Per farle capire cosa ho provato quando ci ho messo piede, le basti sapere che appena sono entrato ho iniziato a mandare video del centro sportivo a tutti i miei amici.

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Da quando gioco a pallone non ho mai visto una cosa del genere. Ti carica e ti fa sentire in qualche modo più forte». Quando era alla Virtus Francavilla si parlò di un trasferimento alla Fiorentina. Era il 2017. «Ricordo ancora che il mio nome era tutti i giorni sulla stampa nazionale ma non ho mai voluto chiedere al mio procuratore dell’epoca perché poi quel trasferimento sfumò.

La cosa importante è che alla fine, alla Fiorentina, ci sono arrivato davvero. Conta il presente».   E giocherà anche in Europa. «È sicuramente uno step in più nella mia carriera, visto che non ho mai avuto l’opportunità di misurarmi in un contesto internazionale, se escludiamo le partite con l’Angola.

Cercheremo di andare più lontano possibile in Conference e se arriveremo di nuovo in finale stavolta proveremo a vincerla: la Fiorentina è forte, se la gioca con tutte e non ha paura di nessuno». In attacco si giocherà il posto con Jovic e Beltran: la concorrenza la carica o la spaventa?

«Se avessi mai provato anche un solo istante di paura nel calcio, avrei già smesso di giocare… Non mi piace in ogni caso parlare di concorrenza: siamo una squadra, lavoriamo tutti per il bene del gruppo. Che giochi io o un altro, ognuno di noi farà di tutto affinché la Fiorentina possa vincere».

    A livello di assist, preferisce essere servito in verticale o dalle fasce? «Molto meglio in verticale. Lo ammetto, in elevazione devo ancora maturare tanto e so giocarmi con più facilità le mie carte quando ricevo palla al limite dell’area.

Ho già parlato con Biraghi: sa bene che dovrà fare di tutto per permettermi di calciare sempre sul primo palo, appena ne avrà la possibilità». Ha già in mente cosa fare quando smetterà di giocare? «Vorrei fare del volontariato.

Da bambino il mio sogno, non avessi fatto il calciatore, era quello di diventare pompiere perché ho sempre avuto rispetto per chi svolge certe attività. Non c'è cosa più bella di poter dare il proprio contributo anche fuori dal campo».

 


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